La Chiesa del Carmine, per la sua particolare ubicazione nel centro storico sipontino, pure nella semplicità delle linee architettoniche, irradia un fascino, un’emotività ed una sacralità pregnanti. E ciò sia perché il suo sagrato è palpitante di vitalità e sia perché il suo interno, uno scrigno che racchiude e conclude, seduce l’animo umano per l’impatto immediato che offre la raffigurazione della Vergine, posta sull’altare maggiore.
L’edificio, dall’apparente fattura moderna, rispetto ad altri posti nell’ambito del perimetro manfredino-angioino-aragonese delle mura cittadine, ha una connotazione di tutto rispetto nell’ambito delle tradizioni culturali sipontine, e specie il suo sito, che meritano di essere conosciute. Da Matteo Spinelli da Manfredonia si ha notizia che il Cardinal Arcivescovo Orsini (poi papa Benedetto XIII), avendo fatto collocare il Seminario nell’antico ambito dell’Ospedale S. Lazzaro (voluto da Federico II di Svevia), faceva trasferire questa in una “…Casa Palazziata nella contrada di S. Lorenzo, addetta alla Congregazione laicale de’ Pescatori Sipontini eretta nella Chiesa di S. Elia sotto il titolo di Santa Maria del Carmine, essendo stata una tal casa lasciata alla suddetta Congregazione in Testamento nell’anno 1627 nel dì 4 luglio da Donato de Felice da Sansevero all’ora benestante, e commorante nella moderna Siponto”.
Da quanto su riportato si deve dedurre che la Congregazione di S. Elia ed il culto mariano verso la Madonna del monte Carmelo a Manfredonia risalgano quanto meno a quel periodo.
E le notizie fornite dallo Spinelli continuano e si fanno più interessanti: “…Fu parimente infervorata nella divozione altra radunanza laicale di pescatori sipontini già eretta nella Chiesuola di S. Elia dirimpetto a’ PP. Celestini, e dedicata alla Madonna del Carmine in soffraggio del Purgatorio sotto la protezione dell’Angelo Custode, e di S. Niccolò Vescovo di Mira. E fu da tanto il fervore de’ Congregati Pescatori che andiedero elemosinando per la Città, colle medesime elemosine ingrandirono un tal Chiesuola nella forma, che a’ nostri giorni si vede (1785), facendovi pittare nel muro di mezzo l’immagine della Madonna del Carmine con un Panneggio figurato dall’istessa pittura sul muro, oltre di molte altre pitture formate ne’ laterali della Chiesa rappresentante le Anime purganti, e della Lamia di tal Chiesa soprapostesi altre pitture venne effigiato S. Elia in memoria dell’antico Titolo di detta Chiesuola, colla memoria peranche dell’Arcivescovo Muscettola (1680-1708), in cui fu apposta anche l’Impresa. Anzi, i divoti Pescatori mostrandosi pur troppo grati a’ caritativi Cittadini, fecero anche pittaare nelle mura de’ due corni dell’Altare l’Impresa del nostro Publico, e sotto della quale vollero apporvi la seguente memorabile Iscrizione: Aelemosinis Civium“.
Una testimonianza storica, allora, affatto trascurabile e che ben configura il fervore devozionale della nostra gente, e proprio in un periodo durante il quale si hanno disastrosi eventi politico-militari (il sacco turchesco dell’agosto 1620) o grandi calamità naturali (terremoto del maggio 1646).
Una dedicatio, così, sentita e partecipata, un afflato corale ed una comunanza operativa per professare e testimoniare la fede, da parte del ceto marinaresco, il cui lavoro quotidiano è insidiato da pericolosità immanente.
E la testimonianza dello Spinelli si fa più persistente: “…Oggi però, l’Impresa non è più quella della nostra Città, ma quella de’ Carmelitani, né più si legge la memorabile dovuta Iscrizione; a motivo che della Congregazione della Trinità circa l’anno 1740 essendosi appartati molti radunati Gentil’Uomini, pensando costoro di fare una Congregazione di Patrizi, discacciarono i poveri Pescatori dalla Chiesa del Carmine, e se ne profittarono per loro uso, per cui badandosi nell’anno 1775, che l’Antica Impresa, colla prefata Iscrizione ridondava in poco stima del Patriziato Sipontino, perciò ne fecero la cassazione con sopraporvi l’Impresa de’ Carmelitani. Non hanno però Cotali Signori badato all’altra memoria, che ancora persiste de’ Poveri Pescatori, in essa Congregazione, poiché nel Quadro sistente sull’Altare evvi, oltre le Immagini de’ predetti due Protettori ben’anche una barchetta posta in mare con al di dentro un Pescatore che solcando tempestose le onde mirabilmente vien soccorso dalle Anime del Purgatorio, e da’ due Suddetti Protettori”.
Come è facile arguire, la Chiesa di Manfredonia data le sue origini almeno ai primi anni del sec. XVII. Essa non era priva di opere d’arte, molte delle quali, si badi bene, volute da una categoria sociale “povera”, come la definisce lo Spinelli. Un esempio da additare alle presenti e future generazioni. E si dà il caso che proprio nella stessa Chiesa si ha oggi la testimonianza di questo esempio con la opera caritatevole dei fedeli, animata dall’azione del suo parroco.